Rotellando in Italia con Vito Raho

Qualche mese fa mi sono detto, visto che amo viaggiare perché non utilizzare i miei privilegi per fare un bel viaggio in giro per l’Italia?

Prima di partire per questo viaggio devo però fare un’ammissione di colpa: sono un privilegiato, sì, proprio così. Sono uno di quelli che usa 4 rotelle (2 piccole e 2 grandi) per girare per ‘sto mondo. Sto seduto tutto il giorno e questo è un privilegio non da poco, appena c’è da fare un po’ di fatica, per esempio nelle salite, mi spingono gli altri, eventualmente faccio la scenetta di quello che dà una mano, ma in realtà non faccio nulla. Non faccio nemmeno le scale, uso sempre gli ascensori, montascale e quando non ci sono mi portano a braccia, ovviamente gli altri. Fatica pari a zero! Faccio parte della categoria di quelli che hanno i posteggi gratuiti ovunque, sempre vicini all’ingresso, una vera e propria comodità! Abbiamo persino un bagno solo per noi in quasi in tutti i luoghi pubblici, bello grande tra l’altro. Non paghiamo l’ingresso al cinema, al teatro e ai concerti, cioè veramente io li pago ma non chi mi accompagna, però alla fine si fa sempre a metà pertanto è uno sconto mica da ridere.

Insomma noi disabili, diversamente abili, persone con handicap siamo dei privilegiati, abbiano molti comfort: posti a sedere riservati sui treni, sugli autobus, sui metro ecc…Certo c’è un po’ questo fastidio di non poter andare a far la corsettina al mattino al parco e che non puoi muoverti proprio agevolmente, ma d’altra parte nemmeno la Regina Elisabetta può andare a fare la spesa quando vuole. E’ solo una questione di privilegi, tutto non si può avere. Poi c’è ‘sta cosa che tutti ti guardano, solo perché sei un po’ sciancato, ma quando si fa parte di una categoria protetta è normale, pure io se vedo un panda che gira per la città (anche lui fa parte delle categorie protette) lo guardo e mi chiedo cosa faccia in giro. Va beh… Questo era per dire che qualche mese fa mi sono detto, visto che amo viaggiare perché non utilizzare i miei privilegi per fare un bel viaggio in giro per l’Italia?!

Questa ammissione di colpa l’ho dovuta fare perché, diciamoci la verità, se camminavo, questo viaggio mica lo facevo, cioè “camminando per l’Italia” è un titolo troppo old fashion. Invece quando ho proposto al direttore di Vanity Fair, Luca Dini, il progetto “Rotellando per l’Italia”, lui, con molto entusiasmo e disponibilità, ha accettato la sfida.

Per questo Rotellando partirò con Vito Raho, un amico, un fotografo, un tour operator umano, una garanzia, uno molto preciso; un mare di diversità tra me e lui ma proprio per questo, sono convinto, sarà ancora più divertente!

In partenza

L’avventura che stiamo per intraprendere alla scoperta dell’Italia avrà la finalità di raccontare il viaggio dal punto di vista di un “rotellato”. Durante il nostro viaggio, però, cercheremo soprattutto di scoprire storie di disabilità e di diversità in tutto il Bel Paese, in cui l’approccio al “diverso” viene vissuto in modo differente da nord a sud, da est ad ovest, dalla provincia alle grandi città, dalle alpi al mediterraneo. Sarà una scoperta del territorio e delle persone, che nonostante la “diversità” vivono in perfetta “normalità”.

Partiremo da Villadossola, cittadina nella provincia del Verbano Cusio Ossola, dove abito; mentre Vito prima farà il lungo viaggio della speranza dal Salento (ora non si fa più, ci sono gli aerei); già perché lui abita a Leuca nel tacco d’Italia ed io sto tra i monti quasi in Svizzera, come la piccola Heidi, forse nel mio caso sarebbe meglio dire Clara.

Nella prima giornata faremo una prima sosta in Piazza della Loggia a Brescia per poi andare a fare vela con l’associazione Eos sul Lago di Garda, nei giorni successivi andremo a Trento, Trieste poi lungo il Delta del Po e sempre più giù per poi risalire. Ci piacerebbe che attraverso l’aiuto delle persone che conosceremo virtualmente, sul blog di Vanity o su facebook, ma, soprattutto, quelle che incontreremo dal vivo, ci indicassero storie o luoghi da raccontare, non devono riguardare per forza la disabilità ma semplicemente la diversità.

Prima tappa di viaggio

Primo giorno. Prima tappa. Mi sveglia il cellulare, sono ancora a letto quando mi chiama Laura Antonini di Radio DJ, devo cercare di connettermi al mondo velocemente. Mi sono sempre chiesto come fanno le persone, come Vito, a svegliarsi così rapidamente ed a essere sorridenti di mattino. Mi domando sempre: “Che ci sarà da ridere al mattino presto?”, mistero!

Parlando con Laura on air mi rendo conto che è uscito un bell’articolo su La Stampa che spiega il progetto Rotellando per l’Italia. Beh, che dire, se il buongiorno si vede dal mattino, questo sarà sen’altro un gran giorno! Come potrebbe non esserlo, oggi si parte alla scoperta dell’Italia. Carichiamo le valigie, anzi le caricano, perché noi privilegiati non è che ci diamo un gran da fare, però mi accomodo sulla C4 Picasso che Citroën ci ha dato a disposizione. Partiamo. In auto sentiamo Luciana Litizzetto che parla di Rotellando, mi viene da sorridere quando ascolto di questo Rotex che va di qua e di là, che gira il mondo; non mi riconosco molto, sarà un altro mio sdoppiamento di personalità.

Ci fermiamo per un caffè a Brescia in Piazza della Loggia. Non ci sono mai stato prima d’ora, nonostante abbia diversi amici bresciani, e conosco questa Piazza solamente per l’impietosa strage del 1974. E’ sabato mattina e c’è il mercato, così rotello tra bancarelle di mutande e calze, il dialetto bresciano si mescola ad altre lingue, cinese, arabo, senegalese. Sarò in Italia? Credo proprio di si perché l’Italia sta parlando sempre di più nuove lingue lontane e sempre meno dialetti.

L’appuntamento di oggi è a Torri del Benaco, sul Lago di Garda, con l’Associazione Eos che ci propone un’uscita sul lago con uno dei loro trimarani. Ci accoglie Nicola e il suo entusiasmo. Nicola ci fa subito vedere le imbarcazioni con cui saremmo dovuti uscire ma, purtroppo, il tempo oggi non è per nulla clemente, anzi si passa dal grigio alla pioggia a catinelle. Peccato, non si esce ! Nicola ci spiega l’avventura di Eos e il suo inizio come volontario; un sabato pomeriggio di 5 anni fa accompagnò un suo amico (rotellato per un incidente) alla scuola di vela e da allora i suoi sabati pomeriggi li trascorre tra le barche. Dopo una settimana di lavoro, il sabato pomeriggio, potrebbe starsene sul divano a guardare la tv ma preferisce andare alla scuola di vela, che sia estate o inverno. Ed è vero, il lago è uno spettacolo, l’entusiasmo di Nicola e del maestro di vela Valerio, con i suoi racconti, sono uno spettacolo, la pioggia di oggi pomeriggio è uno spettacolo anche se non ci fa uscire a fare vela ma ci dà la possibilità di avere dei piccoli momenti di condivisione fatti di sguardi tra noi “nuovi” e loro “vecchi”.

Me ne vado da Torri con la sensazione di non aver fatto quello per cui ero venuto lì e non è l’uscita in barca a vela, quello è un imprevisto atmosferico che può capitare. Mi spiace di non essere riuscito a farmi raccontare le sensazioni di chi vive la vela tutti i sabati pomeriggio. La vela, lo sport e tutte le attività in genere non fanno bene solamente a chi ha dei “problemi” ma anche ai volontari, a chi dona il proprio tempo libero.

Trentino Alto Adige

Questo viaggio non sarebbe possibile senza il grande aiuto offerta da molte città, regioni e strutture associate a Village for All, così come non sarebbe possibile senza il supporto di molti amici miei e di Vito. E’ un viaggio nato tra amici e l’amicizia e la voglia di stare insieme rotellerà con noi.

Ad Arco di Trento sfruttiamo quella della nostra amica Alina, casertana…ops bellonese. Non sto nemmeno a dirvi che Bellona è celebre in tutto il mondo per la pizza e le sue pizzerie (pare, secondo Alina, che sia cosa risaputissima ), a dire il vero io manco sapevo dove stava, ma questo non significa nulla. Alina si è trasferita laggiù al nord e, a parte l’accento, per il resto si è ambientata perfettamente nel preciso ed ordinato Trentino.

Il Trentino è uno dei luoghi in cui l’accessibilità e il territorio si accompagnano meglio, ad Arco c’è la Joelette, lì per lì pensavo che fosse qualcosa per il bagno invece è un mix tra una carriola, una sedia e una portantina. La Joelette è francese – con un nome così mica poteva essere austro-ungarica – è manovrata da due/tre persone che portano il privilegiato tra i sentieri delle montagne. Io che sono “montagnino”, ho subito pensato che fosse una grande opportunità per chi, come me, delle grandi vette ne ha solo sentito parlare; in particolare per chi ha sempre vissuto la montagna e che a seguito di una disabilità sopravvenuta non ha potuto più viverla.

Ad Arco, vado a provare la Joelette. Il Signor Ivo Tamburini fa parte del S.A.T. di Arco , la Società degli Alpini Tridenti che l’ha acquistato questo alternativo metodo di trasporto grazie alle donazioni. E’ davvero bello farsi portare un po’ a spasso come se fossi la regina del Brunei. Ivo ci spiega che il 24 giugno ci sarà una bella escursione alle Odle, grazie al primo sentiero totalmente privo di barriere. Un salentino, una casertana e un rotellato potevano perdersi l’occasione di andare a vedere la Valle de Funes in cui c’è un sentiero comodo e dove non si fa fatica? Certo che no! Così, dopo aver mangiato polenta, funghi e formaggio fuso siamo andati a goderci la tranquillità di questa valle incontaminata.

Trieste bella da matti

Il mio amico Vito ha vissuto a Trieste per molto tempo, ha trascorso gli anni della sua giovinezza (parliamo dei primi anni del ‘900), quindi come entriamo in città è tutto emozionato per i molti ricordi del suo passato . Per quasi tutto il giorno m’impegno a sopportare il mio amico che continua a dire: “ho abitato là….. sono sta qua…”, “ mamma come è cambiata sta piazza.. non c’era questo…non c’era quello”, sono felice di vedere un amico che ritrova un pezzo di sé in un luogo passato ma presente.

Ci rechiamo in Piazza Unità d’Italia dove abbiamo un appuntamento con Pietro Rosenwirth.  Pietro sta per partire per un giro in Europa (lui mi batte alla stragrande) con il suo super scooter per sensibilizzare sull’abbattimento delle barriere architettoniche, culturali e mentali oltre a portare avanti una campagna di sensibilizzazione per la terapia del dolore. Entriamo al Caffè degli Specchi, bar storico di Trieste (il caffè a Trieste sta come il tè a Londra) e Pietro inizia a raccontarci la sua storia. Mi piace ascoltarlo, ha molta grinta, mentre parla della sua storia e del suo progetto.

A pranzo incontriamo , Berenice Pendergast, il suo blog mi fa sempre fare delle grasse risate. Lei è un amica “storica” di Vito, ci siamo conosciuti e parlati attraverso il magico mondo di Facebook. Sapevo che mi sarebbe piaciuta e che avremmo avuto sintonia ed infatti così è stato. E’ una di quelle persone che già sai che diventerà tua amica. Passiamo la giornata in giro per Trieste con la sua cagnolina Luna. Mangiamo all’aperto, in una pizzeria lungo il canale di Piazza Ponte Rosso.

Trieste mi viene descritta come un luogo in cui la priorità è il divertimento ovvero lo star bene, bere un caffè, passeggiare, prendere il sole a Barcola, insomma un modo di vivere la vita in legegrezza e senza troppe complicazioni. O come dicono loro: Viva là e po bon!

Passeggiamo per il centro di Trieste, tutto pianeggiante e con pochissime barriere, attraversiamo il borgo Teresiano sino al quartiere ebraico, prendiamo l’auto e andiamo in quello che una volta era il manicomio di Trieste. Trieste è la città dei matti (oltre che quella degli anziani), qui Basaglia ci lavorò ed inizio la sua riforma prima terapeutica (attraverso laboratori) e poi legislativa, sino ad arrivare alla legge 180 che farà chiudere, finalmente, gli ospedali psichiatrici. Ora l’ex manicomio di Trieste o San Giovanni è un luogo di ritrovo culturale e ricreativo con un bellissimo parco di rose, con un bar gestito da chi è seguito dai servizi di salute mentale.

L’Arena di Mondaino

Proseguendo nella nostra ricerca di storie da raccontare, andiamo a Mondaino, un meraviglioso borgo nell’entroterra riminese. A Mondaino ci arriviamo – io manco sapevo dove stava – in quanto vi abitano Marina e Riccardo, amici di Vito. Con il loro aiuto siamo riusciti a scovare una bella storia, ovvero quella di Lucia, una bella ragazza, ventenne in carrozzina per un incidente stradale accaduto qualche anno fa.

A Mondaino ci si arriva attraversando le colline del Riminese. E’ uno spettacolo salire e scendere, sino ad arrivare a casa di Marina e Riccardo. La casa è immersa nel verde con una bellissima veranda che guarda il bosco di fronte; immagino quanto dev’essere bello starsene seduti sul loro divano mentre fuori c’è un temporale oppure nevica. Andiamo nel centro di Mondaino per incontrare Lucia. Arrivando mi pare di essere in un piccolo set cinematografico: vi è la piccola piazza rotonda circondata dai portici in cui ci sono il bar e il municipio. Tutta la vita del paese pare che venga vissuta lì e la piazza mi ricorda un’arena, dove al suo interno, ad una ad una, vengono buttate, raccontate e spettegolate le storie degli abitanti.

Dopo Mondaino scendiamo a Pesaro e lì incontriamo il giro d’Italia. Anche noi di “Rotellando per l’Italia” siamo partiti il 5 maggio come il giro ciclistico e ci capiterà spesso di rincontrarlo. Destino di ruote e di rotelle che s’inseguono. Pesaro ha un bellissimo lungomare dove spicca la grande sfera di Arnaldo Pomodoro, lì incontriamo Daniela ed Elena pesaresi doc. Mentre un meraviglioso tramonto cala sul mare adriatico, ecco che arriva Grazia, rotellata sprint. Grazia è la mascotte del lungomare di Pesaro, gira con la sua sedia a rotelle a motore, ha la spina bifida, ma un’energia e una voglia di vivere che potrebbe far risuscitare tutte le mummie d’Egitto. Ci racconta dei suoi anni di orfanotrofio, dei suoi ricoveri presso centri di riabilitazione sia italiani che europei, della possibilità che gli ha dato un sacerdote all’età di 25 anni di uscire dall’orfanotrofio e iniziare a vivere, delle sue battaglie con l’amministrazione comunale di Pesaro per l’abbattimento delle barriere architettoniche e della sua sedia job con la quale può fare il bagno nel mare. Grazia non ha avuto una vita semplice, ma durante tutto il suo racconto non ha ci ha mai mostrato un lato negativo di quello che ha passato, nemmeno della sua permanenza nell’orfanatrofio o della mamma che non l’ha mai accettata ed abbandonata. Grazie a Grazia…e speriamo che stia attenta a quando mette la sesta che prima o poi si ribalta!

Mettiamo una pezza a l’Aquila

Dopo aver lasciato le Marche, ci dirigiamo verso l’Abruzzo dove saremo ospiti della Regione per 3 notti. La prima tappa è doverosa: l’Aquila. Percorrendo l’autostrada ammiriamo la maestosità del Gran Sasso.  Su L’Aquila, sul centro storico ancora tutto transennato, sulla zona rossa, sul silenzio (che io non ho vissuto ma che ha vissuto Vito che si era allontanato per fare delle foto), sul fatto che la ricostruzione non è ancora partita, sulle colpe, su quello che si poteva e o si potrebbe fare è stato già detto tutto ed io non ho molto di più da aggiungere.

Quello che ho percepito è che una città che sta decidendo di vivere nel ricordo di quello che è stata, di quello che è avvenuto. Forse hanno deciso di lasciare tutto così perché è troppo doloroso ricominciare lì, forse hanno deciso che il ricordo è più importante e rispettoso che ricostruire, anche se vi sono colpe politiche o economiche. Ma poi ci sono anche la voglia e la grinta di persone come Giovanni Mangione, che abbiamo conosciuto attraverso Shoot 4 Change, che collabora con loro come fotografo per documentare quello che è avvenuto ed avviene all’Aquila. Lui non ha voglia di rivedere la sua città ricostruita, lui ha l’esigenza vitale di poter passeggiare per il centro della sua città, ha deciso di non trasferirsi in una altra regione perché quella è la sua casa e li vuole vivere

Abruzzo accessibile

Dopo L’Aquila, ci spostiamo verso il Parco Nazionale della Majella, dove attraverseremo un sentiero totalmente accessibile. La Regione Abruzzo ha fatto un gran lavoro per rendere accessibili  i suoi parchi. In questa escursione, saremo accompagnati da Dino D’Alessandro, un’ottima guida che ci accompagnerà per tutta la giornata. Il Sentiero Lama Bianca è uno dei primi sentieri accessibili in Italia e può vantare un percorso di ben 3 km all’interno di una bellissima faggeta. Percorriamo il sentiero in una giornata in cui il sole non si vede per nulla, anzi, al suo posto c’è una nebbia autunnale che rende la foresta di faggi ancora più affascinante; pare di essere entrati in un mondo fatato, dai colori e dalle forme ovattate. Vito mi fa notare che spesso i posti acquistano una maggiore bellezza quando non c’è il sole e non solo dal punto di vista fotografico.

Durante il percorso, gli unici rumori che sentiamo sono i cinguettii degli uccelli e lo struscio delle foglie sotto le mie rotellee; che pace! Il bagno per disabili, si trova a metà del percorso, all’interno di una bella struttura di legno; sorrido nel pensare che ho trovo un bagno accessibile nel bel mezzo di un parco naturalistico e non nel centro di metropoli come Roma o Milano.

Dopo la passeggiata nella faggeta visitiamo l’orto botanico intitolato a Daniela Brescia che è totalmente accessibile e provvisto di un bellissimo percorso tattile. A pranzo ci rechiamo alla Locanda del Barone a Caramarico Terme e lì abbiamo l’opportunità di assaggiare le prelibatezze della cucina abruzzese. Dopo aver percorso il sentiero e dopo aver mangiato, io e Vito ci rilassiamo alle Terme e, anche se piove e fa freddino, è bello starsene con la pancia a mollo dove la temperatura dell’acqua è bella calda e le gocce fresche della pioggia ti cadono in faccia.

La giornata successiva facciamo un giro veloce per Chieti ma la pioggia e il freddo ci fanno scappare presto. Arriviamo a Vasto, dove ci fermiamo per la notte. Il tempo è un po’ agitato ma rende ancora più bello il paesaggio, resterei ore a guardare e a sentire il mare in una giornata di pioggia. Da Vasto Marina saliamo nella parte storica della città dove visitiamo il Castello Caldoresco. Il castello domina la costa ed un posto perfetto dal quale osservare il tramonto.

Religiosa perplessità

Dall’Abruzzo facciamo una capatina veloce in Puglia, anche se poi ci ritorneremo con più calma. Da Vasto ci rechiamo a San Giovanni Rotondo, città  in cui è sepolto Padre Pio. Devo essere sincero, non amo molto i luoghi di preghiera di massa, il merchandising, gli alberghi e tutto il business che ci gira intorno forse a scapito della preghiera e dalla riflessione.

San Giovanni Rotondo, per me, è tutto questo. La cittadina è stata trasformata per accogliere i fedeli che a migliaia arrivano per pregare sulla tomba di Padre Pio. Vi sono alberghi, negozi, bancarelle che vendono l’immagine del Santo in ogni forma, vi è l’ufficio benedizioni (dove si offre qualcosa per farsi benedire – io ho evitato perché intanto vengo benedetto già da molti), l’ufficio per “far dire una messa”, la sala confessioni, a lato o in mezzo vi è sempre una bella cassettina per le offerte, quella non manca mai.

Le spoglie del Santo ora sono stata spostate dalla vecchia Basilica alla nuova Chiesa progettata da Renzo Piano, maestosa, fredda, moderna, non dò un giudizio artistico perché non sono in grado. Dalla chiesa superiore si passa, attraversando un corridoio di mosaici in cui è raccontata la vita di Padre Pio e di San Francesco, alla chiesa piccola, tutta dorata e non certo con la carta dei cioccolatini, a me sembra di essere a Las Vegas per come brilla tutto. Le reliquie del Faraon, scusate, volevo dire del Santo, sono all’interno di una tomba d’argento con incastonate pietre preziose. All’interno della chiesa vi sono numerose opere, come un crocifisso che è costato solamente 3 miliardi delle vecchie lire. Tutta la chiesa è stata finanziata in gran parte dai fedeli.

Mentre esco, arriva l’ennesimo gruppo di fedeli con i pullman; così, mentre li vedo raccogliersi in preghiera davanti alla tomba d’argento, mi chiedo se, tra una preghiera legittima e sacrosanta per i proprio cari, pensino, anche solo per un attimo, e sono banale e qualunquista a dire questa cosa, che forse i frati Cappuccini avrebbero potuto sfamare il Mozambico e l’Etiopia con i soldi spesi per la creazione di un santuario. Certo è che vedere le immagini di Padre Pio e San Francesco tutte dorate un po’ stona.

Visto che la grazia non mi è arrivata nemmeno questa volta e devo continuare a rotellare, ci rechiamo per meditare in un posto molto più spirituale ed intimo ovvero a Monte San’Angelo, dove l’Arcangelo Michele apparve. La cappella è accessibile e si arriva con un ascensore dalla casa del pellegrino. In silenzio lì ho trovato quello di cui io avevo bisogno: l’intimità della riflessione.

Incursione pugliese

Il nostro viaggio in Puglia prosegue verso la costa di Manfredonia, sino ad arrivare all’Abbazia di San Leonardo di Siponto, una piccola ed incantevole Abbazia in stile romanico pugliese. L’Abbazia ha una particolarità al suo interno; la sua attenta costruzione, infatti, permette la “cattura” del raggio di sole più lungo (a mezzodì del 21 giugno, giorno del solstizio d’estate), che viene indirizzato alla metà della distanza tra i due pilastri prospicenti l’ingresso laterale (che poi è quello più importante). Chi ha realizzato questo “strumento astronomico”, doveva ovviamente intendersi di meccanica celeste. Lo stesso fenomeno si verifica il 21 marzo e il 22 o 23 settembre, i giorni degli equinozi di primavera e d’autunno. Attraverso il “Foro Gnomonico” posizionato sulla facciata ovest, formato da dieci fori (a differenza di quello del solstizio che ne ha undici), al calar del sole, intorno alle ore 16.00 circa, un fascio di luce taglia la navata sinistra e colpisce l’abside proiettando un “Medaglione di Luce Solare”.

Attraversiamo poi la provincia di BAT che non è la provincia di Batman ma quella che comprende  Barletta, Andria e Trani. Arriviamo in un altro luogo magico ovvero a Castel del Monte che fa parte del patrimonio dell’umanità UNESCO. Per arrivarci vi è una salita con una buona pendenza, peccato però che per entrare nel Castello vi sono diversi scalini ma la forza motrice di Vito, con la collaborazione di una scolaresca, mi portano a peso all’interno del castello, dove anche lì non mancano alcuni scalini qua e là. Il Castello ha una forma ottagonale, non è chiara la motivazione della sua costruzione, la leggenda dice che nel cortile per un periodo ci sia rimasto il Santo Graal; dal canto mio, nella speranza di rimanere “giovane” e “bello” per sempre, mi fermo per qualche minuto al centro del cortile, chissà forse riuscirò ad assorbire un po’ di positività, ma essedo sopra ad un tombino alla fine assorbo solo dell’aria maleodorante. Rotellare all’interno del castello proprio nell’ora del tramonto permette di assaporare un pizzico di magia e di magnetismo. Mi diverto a guardare le nuvole che scorrono veloci dal cortile, a momenti mi gira la testa, oramai sono posseduto dall’ispirazione mistica. Ripercorrendo il viale che ci porta all’auto, assaporo un meraviglioso tramonto e per un attimo mi pare di essere stato catapultato in un’altra epoca storica, fatta di dame e cavalieri.

Presepe lucano

I paesaggi che accompagnano il nostro viaggio dalla Puglia alla Basilicata mi sorprendono; distesi di colline, di colori e di forme. Li guardo, li ammiro, fantastico sulla casetta che potrei costruire di qua o di là, penso a quanto sarebbe bello vivere in mezzo alla natura ma poi ci ripenso e mi dico che mi romperei tremendamente. Il bello di quando guardi fuori dal finestrino è di poter costruire e demolire tutto il contrario di tutto senza che nessuno ti sottoponga a psicoanalisi freudiana. Non essendo l’autista, posso godermi a pieno queste enormi distese che a tratti mi ricordano gli spazi aperti della California. Attraversiamo i colori e le pale eoliche delle Murge per arrivare a Melfi. Conoscevo questa città solamente perché è la sede di un grande stabilimento FIAT, ma dopo averla brevemente visitata, mi porterò a casa un bellissimo ricordo del suo borgo e del suo castello.

Il nostro viaggio prosegue in direzione di Castelmezzano, in provincia di Potenza. Alla vista di questo paese, di novecento anime, resto davvero a bocca aperta; sapevo che era un piccolo gioiello incastrato tra le Dolomiti Lucane, ma vederlo da lontano e poi sempre più da vicino, di notte ed illuminato, mi fa sembrare di entrare all’interno di un presepe vivente e mi chiedo se tra le statuine c’è anche “il rotellato” che porta i doni al Bambin Gesù, però ora che ci penso non ho mai visto una rampa davanti alla grotta. Va beh, il prossimo Natale ci farò caso!

Non sono certo di essere in un paese vero, mi chiedo se sono capitato all’interno di una scenografia di un film di fantasia. Mi chiedo se le montagne che vedo sono reali o di carta pesta, poi, pian piano ci inoltriamo all’interno delle vie e tutto inizia ad essere un po’ più reale, ma la bellezza del posto è veramente particolare. Dormiamo alla Locanda di Castromediano, anche il locale pare d’altri tempi, inizia persino a piovere. Ceniamo sempre all’interno della locanda al ristorante Becco della Civetta. Mi mangio il baccalà che è uno dei piatti tipici della Basilicata mentre Vito si mangia il solito piatto vegetariano. Ed ecco qua che si scopre che il vero diverso tra me e Vito è proprio lui. Infatti, viaggiare con un vegetariano non è proprio un’allegria, si mangia solamente verdure, carboidrati e formaggi, manco il pesce assaggia. Ha questo viso sofferente pover’uomo, anche se forse la sua sofferenza è dovuta al vedere tutti giorni rotelle da tutte le parti, chissà!

Ovviamente stò scherzando, Vito non è per nulla sofferente, anzi è felice e contento.  Sono forse io un po’ invidioso di questa sua scelta che non è solo salutista ma anche “romantica”; il non voler mangiare cadaveri – come dice lui – vuol dire non sacrificare degli animali per il nostro piacere culinario. Comunque dopo aver invidiato la sua scelta, mangio con gusto il baccalà lucano.

Rotellando a Matera

Matera l’avevo visitata la prima volta qualche mese fa. Ero in vacanza nel Salento e volevo visitare la città dei sassi, ne avevo sentito parlare da molti e Vito mi aveva proposto di visitarla con lui. Nei giorni antecedenti avevamo iniziato a parlare di un progetto di viaggio ed avevamo abbozzato l’idea di quello che poi sarebbe diventato “Rotellando per l’Italia”. Matera la prendemmo come una “cavia logistica” per comprendere quanto il duo “Rotex & Reflex” sarebbe stato in grado di sopportarsi, in un luogo non propriamente accessibile. Certo erano solo due giorni e un solo posto e non si può capire se due persone riusciranno a reggersi per un periodo più lungo e più stressante. Quando arrivammo a Matera ne rimasi subito affascinato, non mi era mai capitato di vedere una città che sembra un presepe antico ed allo stesso tempo pare un base lunare futuristica. Passato e futuro insieme un mix vertiginoso. La foto simbolo di Rotellando è stata scattata a Matera e in quella foto, al tramonto, mentre davanti a me c’erà il passato e il futuro è nata l’idea.

Ritornare a Matera, sul luogo del delitto, proprio durante Rotellando è stato per me un momento emozionante, quasi mi aspettassi di ritrovare quel “non so che” che c’era stato mesi fa. Ma come spesso capita quando ti aspetti di trovare qualcosa alla fine non riesci a ritrovarla. La magia di un posto, di una luce, di un tramonto cambiano in base a come li si guarda. Tutte le sere ci sono dei tramonti ma non tutti i tramonti ci colpiscono, solo quando sei in grado di cogliere quella luce e quel momento, il momento e il ricordo si fissano.

Matera un tempo era considerata un “brutto” posto, dove regnava la povertà; gli uomini e gli animali si scaldavano insieme, viverci voleva dire essere dei poveretti, essere l’ultimo degli ultimi, senza speranze. Poi le cose sono cambiate ed ora avere la casa a Matera, tra i sassi è segno di ricchezza, di gusto, di cultura. Matera sarà la Capitale della Cultura nel 2019 e penso che sia proprio il luogo che meglio rappresenta l’idea di Rotellando: cercare la bellezza anche dove apparentemente sembra non esserci.

La Puglia è sempre la Puglia

Entriamo nuovamente in Puglia passando per Taranto, la città dei due mari, quello piccolo e quello grande, infatti un golfo separa il mare in due porzioni. Taranto ha sempre fatto scelte industriali e commerciali; purtroppo è una delle città più inquinate della Puglia e forse di tutto il Sud Itali. La zona del porto, sino a poco tempo fa aveva fama di essere il Bronx della Puglia, ma quella che ho visto, nelle poche ore che ci sono stato, è di una città che ha voglia di ridarsi lustro.

La luce che passa tra i vicoli, così come le persone che passeggiano danno un’atmosfera rilassata al centro storico; si passa dalle pescherie alle macellerie, dal fruttivendolo ai ristoranti tipici, dai cortili in cui i bambini giocano e gli anziani spettegolano sino ad arrivare ad un pub, con gestore già “allegro” di prima mattina che ci rapisce all’interno, rilasciandoci solo dopo avergli fatto un piccolo servizio fotografico. Attraversiamo il ponte del mare piccolo per entrare nella Taranto moderna, fatta di corsi e vie pieni di negozi. Una città pronta a riprendersi altri spazi che non sono solo quelli industriali e chimici ma anche storici e turistici.

Lasciamo Taranto per recarci a Martina Franca, beviamo un caffè al bar Tripoli, mi godo le piazze e le vie in cui la luce, non accecante ma calorosa è la protagonista principale della visita. Attraversiamo la Valle d’Itria con i suoi trulli e trullini e poi via verso il Salento. Alloggeremo ad Ostuni, “A Casa di Sandra”, un bellissimo appartamento in centro che forse per un rotellato non è il massimo della comodità inquanto vi sono alcuni scalini all’ingresso ma non tutto dev’essere per forza accessibile; bisogna adattarsi soprattutto quando si ha la fortuna di avere amici che ti aiutano a superarli. Le barriere si superano non solo con gli scivoli ma prima di tutto evitando la preoccupazione di essere fastidiosi agli altri, spesso a forza di pensare di essere di peso lo si diventa ancora di più.

Devo fare outing, anche se mi costa fatica e spero che Vito/Reflex non legga questo post, amo la Puglia, mi piace, ci sto bene. Le serate che trascorriamo nel Salento sono divertenti e spensierate, si ride, si scherza con persone che conosco da poche ore ma che subito sento come amiche. C’è poco da fare: il Salento mi dà sempre grandi soddisfazioni.

Nel Salento son contento

Ci sono posti che sentiamo maggiormente nostri, non è questione di sapori, odori, luci, mare o clima ma sono un insieme di elementi che ti fanno sentire a proprio agio; è come quando entri in casa di un amico e ti viene voglia di toglierti le scarpe e startene a pieni nudi, in altre invece preferisci tenertele, in quanto ti sentiresti ridicolo nel farlo. Ora che sia io a raccontare la similitudine di scarpe e ciabatte pare ridicolo, ma è per far comprendere che non per tutto c’è una spiegazione, sono semplicemente delle sensazioni.

Il Salento per me è andare a casa di un amico e mettermi a piedi nudi, ci sono stato più volte, con persone differenti e in momenti diversi ma sempre a piedi scalzi mi sono sentito, ritornarci durante Rotellando anche solo per un giorno e con la persona (Vito) che attualmente mi fa sentire scalzo anche nella vita mi mette un po’ di emozione addosso. Andiamo a Galatina, alla pasticceria Ascalone dove prendiamo un po’ di pasticciotti e fruttoni, infatti è qua che è stato creato il dolce salentino più famoso: il pasticciotto. Visitiamo, sempre a Galatina, la cappella di San Paolo, dove le tarantolate andavano in pellegrinaggio per essere liberate dal male del morso della taranta, ed è qui che nasce il famoso ballo della Pizzica!

Il viaggio continua, e ci spostiamo ancora più a Sud, sino ad arrivare a casa di Vito/Reflex a Santa Maria di Leuca. Pranziamo con mamma Reflex e mi diverto molto a sentirli parlare nel loro dialetto; io sono proprio negato e tutto quel “iddu…addu, caddu” mi pare il linguaggio di una tribù. Mamma Reflex è un portento, è una donna di terra, di ulivi e soprattutto del suo Apecar, è la “Schumacher de lu Salento”. Purtroppo abbiamo il tempo contato e possiamo solo farci una passeggiata veloce tra gli ulivi con Lola (il cane di Vito), che accompagno tranquillamente, sino a quando non vede un gatto in lontananza e per poco non mi trascina a Bari.

Adesso si riparte verso nord, si fa per dire, ma prima andiamo al faro di Leuca, poi verso Castro sino ad arrivare a Punta Palascia(Capo d’Ontrato) dove finisce l’Adriatico e comincia il Canale d’Otranto. E’ l’ora del tramonto e  mentre ripartiamo ancora una volta assaporo i paesaggi che vedo scorrere dal finestrino. Come altre volte mi è capitato durante questo viaggio, fatico a trattenere la commozione al pensiero di quanto sono fortunato a poter godere di così tanta bellezza.

Quando è quasi notte, arriviamo a Lecce e non posso fare altro che confermare che una bella terra come il Salento non può che avere il suo giusto capoluogo. Lecce è comoda da girare con le rotelle ma posso dire che tutto il Salento è attento all’accessibilità, ad esempio, in molte spiagge salentine vi sono le sedie job che non si trovano così spesso negli stabilimenti balneari italiani e sono invece un’ottima soluzione d’aiuto per fare un bagno in mare. Durante il nostro viaggio abbiamo incontrato alcuni volontari dell’associazione Anyway AccesSalento; un’organizzazione di vontontariato e di promozione del turismo accessibile che è un ottima guida all’accessibilità salentina.

Calabria take away

Per rotellare nei tempi che ci siamo prefissati e per rispettare gli impegni presi, non abbiamo molte possibilità di trasgredire sull’itinerario prefissato, però ci siamo tenuti alcuni luoghi “open”, tra questi c’è la Calabria che purtroppo visiteremo in maniera veloce e non come vorremmo.

La prima tappa calabra è Sibari che si affaccia sul Mar Ionio, da lì poi ci dirigiamo verso sud. Decidiamo di dormire a Tropea, è l’ora del tramonto e manco a dirlo c’è una luce meravigliosa. Ceniamo in un ristorantino del centro e ci divertiamo ad osservare come il proprietario corteggia due donne tedesche, gli racconta la sua vita e le bellezze della Calabria e della Sicilia, con un maccheronico inglese anzi visto che siamo nella terra della cipolla rossa, con un cipollonico inglese. Nonostante l’insistenza, le tedesche tornano in albergo da sole ma con la promessa che l’indomani riceneranno nel suo locale. Beh il corteggiamento non è stato del tutto un fallimento.

Al mattino ci dirigiamo verso la Sicilia, costeggiamo la Costa Viola, dove il colore del mare è per l’appunto violaceo, da dove si ammira un paesaggio splendidoche ci permette di ammirare le Isole Eolie. Arriviamo a Reggio Calabria e subito ci dirigiamo a vedere i bronzi di Riace che purtroppo, in questo periodo, non stanno molto bene e sono ricoverati; infatti sono in restauro, pertanto li troviamo sdraiati. D’altra parte anche i gran fusti hanno bisogno di riposare e soprattutto, con l’età richiedono un po’ di lifting. Dopo aver visitato il Museo, andiamo a passeggiare sul lungomare più lungo (sono quasi 2 km) e più bello d’Italia, per le rotelle è un piccolo paradiso, ci addentriamo verso il centro storico e mi “spavento” nell’accorgermi di quanto è in salita, ma subito dopo noto un meraviglioso sistema di tapis roulant ed ascensori che garantiscono la mobilità e l’accessibilità tra il lungomare e la parte più interna di Reggio.

Il magnetismo etneo

Il salto dalla Calabria alla Sicilia è breve; si arriva a Villa San Giovanni, si prende il traghetto ed in circa mezz’ora si sbarca a Messina. Appena arrivati a Messina ci dirigiamo subito verso l’Etna ! Vito sente il richiamo del vulcano e davanti a cosi tanto magnetismo, del vulcano ovviamente, non possiamo tirarci indietro ed io sono molto curioso di salire sul vulcano più alto e più attivo d’Europa.

Alloggiamo a Mascalucia, che si trova a 600 metri di altitudine,  presso il B&B Torre del Grifo. I proprietari hanno reso accessibile, “per carità cristiana” come ci hanno detto loro, una camera. Un bel posto che ci permette di essere vicini sia all’Etna che a Catania.

Prima di arrivare a Mascalucia, ci fermiamo a Giarre dove ci aspetta Rina, una delle tante persone che abbiamo conosciuto attraverso questo tour; prima virtualmente con facebook e il blog, poi visto che passavamo dalle sue parti abbiamo deciso di fermarci per mangiare un gelato insieme. Rina è in pensione, ha vissuto per un po’ di tempo al nord e ora si è trasferita nella meravigliosa Sicilia, ha la passione per i viaggi e mille interessi che condivide con il suo blog. Prima di salutarci ci regala due simpatici cappelli di paglia che ci serviranno per ripararci dal sole siculo. Che belle occasioni d’incontro ci da’ “rotellando”.

Ci dirigiamo quindi verso l’Etna prima che tramonti il sole e man mano che saliamo, la vegetazione scompare, lasciamo il giallo intenso e il profumo delle ginestre per arrivare al nero della lava. Arriviamo sino quota 1900 metri, al Rifugio Sapienza, ed è un spettacolo surreale, hanno ragione a dire che sembra di essere su un terreno lunare. Sono preoccupato per Vito in quanto mi sa che il magnetismo vulcanico l’ha scompensato, infatti saltella allegramente tra le formazioni laviche, noncurante del vento fortissimo e del fatto che potrebbe precipitare a valle (la speranza è sempre l’ultima a morire), credo che la lava sia per lui come gli spinaci per Braccio di Ferro o i panini per Poldo.

Il colore nero della lava, le nuvole bianche che corrono veloci nel cielo blu sono un meraviglioso quadro e, anche se fa freddo e il vento soffia forte con il rischio, molto grave per l’umanità, che io voli via; sarebbe proprio interessante vedere una rotella volante. Osserviamo intanto in silenzio i movimenti della natura, l’umanità è lontana, d’altra parte siamo sulla luna, s’intravede in lontananza Catania e la costa e ci ricorda che siamo ancora sul Pianeta Terra. Scendiamo a valle, purtroppo il tempo a disposizione è poco e non abbiamo la possibilità di percorrere un sentiero accessibile che ci è stato segnalato dall’Ente Parco dell’Etna, ma ci ripromettiamo di tornarci con più calma.

Prometeo siracusano

Scendiamo dall’Etna e ci dirigiamo verso Catania. E’ bella Catania, è protetta, o forse è meglio dire stimolata dall’Etna e dal mare, entrambi meravigliosi ma alcune volte turbolenti, persino la terra l’ha messa più di una volta alla prova; infatti tra colate laviche e terremoti è stata ricostruita un po’ di volte. Da Piazza Duomo rotello tra le bancarelle del mercato del pesce: ragazzotti che con la scusa di regalarti il prezzemolo cercano di convincerti a comprare il pesce e poi tanti banchi di pesce, ovunque, di ogni genere e forma, urla ed inneggiamenti all’acquisto di pezzi di animale, di frutta o verdura, odori di cibo, di mare e di sangue, dove i colori della natura e della vita si mescolano, in cui tutto è il contrario di tutto, tra turisti con macchine fotografiche che acquistano, senza badare ai prezzi più per il folclore che per necessità o tra chi fatica ad arrivare a fine del mese e mercanteggia su ogni acquisto. Dopo tutto questo rotellare è assolutamente necessario mangiare una granita: mandorle e pistacchio per me e gelsi neri per Reflex.

Da Catania ce ne andiamo verso Siracusa dove rimarremo per la notte, abbiamo la fortuna di dormire proprio nel cuore di Ortigia,  all’Antico Hotel Roma 1880. Quando arriviamo in albergo troviamo anche due biglietti per la rappresentazione teatrale Prometeo di Eschilo al teatro greco. All’ora del tramonto in una bellissima serata di fine primavera, ci accomodiamo nel Teatro Greco per assistere alla rappresentazione, come al solito vengo parcheggiato nel posto dei rotellati, che si vada ad assistere al concerto di Madonna o vedere l’Aida di Verdi, c’è sempre un recinto per le rotelle, stampelle o qualsiasi genere di ausilio. Sono recinti creati per l’integrazione, ovviamente tra pari. D’altra parte la sicurezza batte sempre l’integrazione e come spesso capita non c’è spazio nemmeno per l’accompagnatore sul palchetto. Vito approfitta dell’occasione, non gli pare vero, per girare tutto il teatro. L’inizio dello spettacolo non mi esalta molto, anzi mi annoio, d’altronde non sono così “classico” ma poi man mano che la rappresentazione prosegue, la bravura degli attori e la bellezza dello scenografia teatrale e naturale mi cattura. Dopo tutta questa poesia per il cuore e la mente ci vuole un po’ di fantasia alimentare e si ritorna nel quartiere Ortigia per un ottima cena a base di pesce per me e di primi e verdure per Reflex.

Sicilia pensierosa

La stanchezza inizia a farsi sentire, quella fisica, ma in particolare quella psicologica. Stare insieme 24 ore al giorno, mentre si è in continuo movimento, mette alla prova qualsiasi tipo di rapporto e anche quello di Rotex e Reflex in Sicilia ha momenti di cedimento, con grandi scosse telluriche. Le differenze, con la stanchezza diventano divergenze; si pretendono qualità che l’altro non ha, mettendo in ombra quelle che invece possiede, ci si intestardisce su piccoli atteggiamenti e tutto viene amplificato. Ci sono momenti in cui la tentazione di mandarsi a fancuore è molto forte, così come quella di andare alla prima stazione ferroviaria e prendere un treno con direzione “casa”.

Non credo che la convivenza tra un “rotellato” ed un “piedato” siano differenti da qualsiasi altro tipo di coesistenza; certo è inutile negare che il fattore “rotella” aumenta la fatica fisica ed anche un po’ il grado di sopportazione di chi decide di fare un viaggio con una persona che ha problemi motori: i movimenti sono più rallentati e faticosi: “e metti la carrozzina in auto, e scaricala…” e “spingi in salita e tienila in discesa” e “ aiuta a fare scalini o scale” e “guarda che quel luogo sia abbastanza accessibile”, insomma che du’ palle !! Inoltre la dipendenza l’uno verso l’altro è maggiore, che tra due persone che si muovono autonomamente. Non diventa spontaneo prendersi qualche ora o qualche mezza giornata per se, in quanto prima è necessario che si verifichi la possibilità (molte volte scarsa) che mi possa muovere/spostare liberamente. Insomma non è automatico che io possa andare a sinistra e l’altro a destra per prenderci un po’ di spazio. Certo si possono trovare dei compromessi che solitamente sono quelli di restare (ben volentieri) in albergo a riposare o a prendere il sole in spiaggia mentre il “piedato” va a scalare un monte, ma il legame di dipendenza psicologica è certamente maggiore che nelle situazioni tra “piedati”. Ma la fatica più grande, come dice Vito Raho, non è quella fisica ma l’essere infastiditi da certi atteggiamenti ricattatori e vittimistici, che noi rotellati mettiamo in funzione in maniera automatica, quando siamo stanchi o poco interessati ad una situazione; siamo talmente abituati ad essere serviti e riveriti che molte volte ci si dimentica di mettere in funzione la modalità: “cerco di dare il mio contributo mentale alla situazione, visto che l’altro ha un impegno fisico maggiore del mio”, invece ci si adagia !! Ufff…..quante cose bisogna imparare a fare in questa vita….che fatica!!!

Con questi musi allegri attraversiamo la Sicilia, da Siracusa ad Agrigento. Reflex guida con lo sguardo dritto e serio verso la strada ed io con il muso duro ed incazzato verso il finestrino, nemmeno le mosche osano entrare nell’auto tanta è la tensione che si respira. Il braccio di ferro, anzi la battaglia di chi è più cocciuto è in atto. Si arriva a Modica, città dichiarata patrimonio dell’Umanità UNESCO (insieme a molte altre città Siciliane). Modica è un gioiello barocco ma è famosa in particolare per il cioccolato lavorato a freddo di cui sono ghiottissimo, ma che non acquisterò perché troppo incazzato. Proseguiamo verso il paese “simbolo dell’accessibilità”, ovvero Caltagirone. L’emblema della città è la sua bellissima scalinata in ceramica (famose sono le ceramiche di Caltagirone e della Valle di Noto) con i suoi 142 scalini. Io me la godo guardandola da sotto ed è proprio un bel vedere. Proseguiamo verso Agrigento attraversando paesaggi e campi di grano meravigliosi che non possono fare altro che farci riflettere e mettere pace.

Goodbye Sicilia 

Tappa obbligatoria ad Agrigento è ovviamente la Valle dei Templi, posto unico al mondo. Bella di notte con le sue luci, bella al tramonto con le sue ombre e bella alla luce del mezzogiorno quando tutto risalta maggiormente. Ci resto male quando noto che, uno dei luoghi turistici più famosi d’Italia e nel mondo, è poco accessibile, soprattutto perché lo si potrebbe rendere comodo alle rotelle facendo alcuni semplici accorgimenti, ponendo delle rampe o sistemando i sentieri tra i templi.

Decidiamo di concederci qualche ora di mare e di relax. Ci fermiamo a Scala dei Turchi  un posto che da a Vito la possibilità di inerpicarsi su una delle scogliere più suggestive della Sicilia e a me di stare tranquillo a godermi la vista del mare mentre scrivo e mi riposo al Lido Majata Beach. Dopo aver mangiato, decido di andare al bagno; appena chiedo al proprietario di indicarmelo il suo viso si “crepa”, tutto imbarazzato mi spiega che proprio nella mattinata hanno dovuto smontare il bagno per disabili, in quanto dovevano fare della manutenzione. Non avendo tutta questa urgenza, ringrazio e me ne vado ma il signore non si dà pace em nonostante le mie insistenze, il signor Mario decide di smontare una parete dei bagni “normali”, per far in modo che possa entrare facilmente. E’ vero, capita spesso di trovare persone poco disponibili ma è anche altrettanto vero che se ne trovano moltissime che lo sono. Chissà poi perché ci ricordiamo, con più facilità, di quelle persone che ci negano e raramente di quelle che ci concedono.

Riprendiamo il viggio e ci dirigiamo a Trapani dove resto sorpreso dalla comparsa della nebbia – lo Scirocco fa brutti scherzi, a volte. Mi pare di essere a Pavia a novembre, altro che in Sicilia. Ma proprio questo clima surreale ci fa apprezzare maggiormente la bellezza di questa città dove godiamo din un’ottima cena a base di cuscus.

Non si può andare a Trapani senza visitare la riserva naturale delle saline, un luogo dove i colori cambiano ad ogni ora. All’interno della riserva viene effettuata l’estrazione del sale ma essendo un’importante zona umida offre riparo a numerose specie di uccelli migratori e per questo è tutelata dal WWF.

Di fronte a Trapani si ammirano le Isole Egadi, che sono la nostra prossima tappa. Prediamo l’aliscafo per arrivare a Marettimo. La prima tappa è l’isola di Levanzo, piccola (appena 5 km quadrati) ed incantevole, non vi sono strade e le case sono poche. Un piccolo gioiello in cui posizionarsi e godersi albe e tramonti.

La seconda tappa dell’aliscafo è Favignana, isola decisamente più grande e turisticamente più strutturata. La maggior parte dei passeggeri dell’aliscafo scende in questa isola che gode di fama e prestigio e soprattutto di strutture turistiche attrezzate, in cui si trova tutto tranne la sensazione di essere in un’isola.

Non sono in molti quelli che proseguono per Marettimo, forse proprio perché si va in un’isola vera. Arrivi e subito le vuoi bene, per come ti accoglie con la sua natura e le sue vie, le case bianche e gli abitanti che poco a poco diventano amici, con la sua montagna che si leva e il mare, beh un mare che non ha nulla da invidiare a quelli caraibici. Ci vuole un po’ di tempo per entrare nei ritmi dell’isola. L’isola è “tutta lì” ed “ora cosa faccio?”. Spesso la giornata non sei tu a deciderla ma lo fa il mare e non sai come utilizzare quel tempo che hai a disposizione e non puoi prendere un’auto ed andare nel paese vicino, perché non c’è il paese vicino ma poi ti abitui a mangiare con calma, a fare due chiacchiere che poi diventano quattro, a fare la pennichella, a rosolarti al sole sino a quando inizia a tramontare perché poi è già ora di cena ed poi c’è il momento dello struscio, che anche se è sempre lentamente lo stesso ci sono sempre nuovi arrivi, ed è già il giorno dopo. L’isola ti isola e ti obbliga non a cercare nuovi luoghi ma a cercare di guardare quel luogo e così poco alla volta inizi a farti cullare, a prendere il ritmo lento della vita isolana al punto che tutto passa troppo velocemente e tutto quel tempo che pensavi di avere è già passato.

Marettimo la devi vedere anche e soprattutto dalla barca, non c’è luogo che mi faccia stare meglio come lo stare in mezzo al mare, non c’è nulla che possa descrivere la possibilità di assaporare la notte perfetta in cui la luna piena si riflette in mare e tutto prende pace. Dondolarsi, tuffarsi in acqua, crogiolarsi al sole forse siamo nati solo per fare questo (questa è la bugia che mi racconto) ma quando il ritmo dell’isolamento ti sta coinvolgendo è giusto riprendere le vie affollate. Si ritorna sulla terra ferma, di nuovo a Trapani e poi via verso Termini Imerese. Alle 2 di notte abbiamo il traghetto della Caronte che salpa e ci porta a Salerno.  Arriviamo intorno alla mezzanotte e dopo aver perlustrato la nave, ci sistemiamo in cabina, che è molto ampia e comoda. Il traghetto salpa e viaggia per mare tutta la notte; quando riapriamo gli occhi, il mattino dopo, vediamo di fronte a noi una nuova regione: la Campania

In Costiera

Sbarchiamo dalla Caronte, intrepido chi ha deciso di chiamare in questo modo una compagnia di navigazione, a Salerno dove ci aspettano Lucio e Carlo. Decidiamo di andare verso Amalfi e per questo costeggiamo gran parte della Costiera e ci godiamo uno dei paesaggi più belli d’Italia. Ad Amalfi giriamo per le vie invasa dai turisti, tra negozi in cui fanno bella mostra i limoni enormi. Il Duomo non è accessibile per i rotellati, lo si può godere solo ammirandolo dall’esterno.

Da Amalfi andiamo verso Ravello, piccolo comune della costiera famoso per le sue ville. Certo non è accessibilissimo, ma con un pò di coraggio, soprattutto degli accompagnatori – le salite sono molto ripide – si possono visitare i meravigliosi giardini delle ville come Villa Rufolo o Villa Cimbrone da cui si ammira un fantastico panorama del golfo. Vito conosce Lucio e Carlo da molto tempo, io li conosco oggi per la prima volta ma mi pare di conoscerli da tempo, visto che ne ho sentito parlare in maniera indiretta da Reflex. Lucio è una di quelle persone che ti mette subito a proprio agio, ha un atteggiamento propositivo, è ironico e come tutte le persone particolarmente intelligenti è anche autoironico. Parla molto, moltissimo, sarebbe necessario un semaforo per stabilire una corretta circolazione della conversazione e delle battute, all’interno dell’auto, visto che siamo tutti molto chiacchieroni. Carlo è quello un po’ più silenzioso, fortunatamente, altrimenti sarebbe un vero delirio. Carlo ha una disabilità motoria e lavora presso l’Università di Napoli, in particolare alla SINAPSI – Servizi per l’Inclusione Attiva e Partecipata degli Studenti. Il centro dove lavora Carlo è all’avanguardia e ha come obiettivo quello di favorire l’inclusione di studenti con disabilità o con difficoltà psicologiche di vario genere permanenti o temporanee alla vita universitaria. SINAPSI dopo aver fatto una valutazione individuale dei singoli cerca di trovare delle soluzioni, alcune volte riguardano l’aiuto nel superare delle barriere architettoniche, altre fornendo dei supporti informatici che favoriscono lo studio, altre un servizio psicologico. La particolarità di SINAPSI è che non si occupa solamente di studenti disabili ma in genere della “diversità” come coloro che hanno particolari fobie che non permettono di stare in determinati spazi o con persone, così come allergie o intolleranze e sensibilizza su tematiche quali il bullismo omofobico che molto spesso, non viene tenuto in considerazione ma che provoca grossi traumi psicologici, proprio in età in cui si tenta di trovare una propria identità sessuale.

Mi piace sentire l’orgoglio e la passione con cui Carlo parla del servizio per cui lavora, si capisce che per lui non è solo lavoro ma è anche qualcosa in cui crede e la sua passione contribuisce a farlo funzionare al meglio. Mi piace anche scoprire – per presunzione nordica non sempre me l’aspetto – che ci sono servizi di alta qualità al Sud, il cui modello viene esportato nel fantomatico Nord, dove tutto pare che sia all’avanguardia ma forse solamente perché si riesce a vendersi meglio.

Quando Carlo parla a Lucio gli si illuminano gli occhi, è proprio fiero del suo compagno, quando passeggiano insieme Lucio da’ la propria “spalla” (e non nel senso comico) a Carlo per fare in modo che si appoggi ed entrano in totale sintonia, al punto che in certi momenti non sembra il cammino di due persone ma bensì di una sola; così come quando parlano e discutono è Carlo, con il proprio sguardo e la propria sicurezza a dare certezza e protezione alle fobie e insicurezze di Lucio. E’ certamente faticoso essere diversi nella diversità, così come lo è accettare la diversità quando si vorrebbe che tutto fosse normale, ma quando si è orgogliosi della persona che si ha a fianco tutto diventa più semplice e saranno in pochi a vedere tutta ‘sta differenza.

Ritorniamo a Salerno per la cena e c’è festa in centro, pare che ci sia un evento importante ovvero, per restare in tema, il gay pride campano. Allora mi chiedo sono in Campania oppure in Svezia?

Come un re

I giorni campani li trascorriamo ospiti dell’Hotel Cavalieri di Caserta che si trova a pochi metri dalla meravigliosa Reggia. La Reggia di Caserta è tra le residenze reali più famose al mondo. Con le sue 1200 stanze, i suoi 120 ettari di parco non ha nulla da invidiare a quella di Versailles. Girare per il palazzo reale non presenta  particolari problemi per le rotelle; un po’ più complicato sarebbe rotellare per i maestosi giardini vista la loro ampiezza. Grazie alla presenza di Abilty2004 è possibile per tutti coloro che hanno problemi di mobilità utilizzare un servizio gratuito che mette a disposizione uno scooter oppure  una golf car. Possiamo così visitare i meravigliosi giardini all’Italiana, quelli Inglesi fino a giungere alla Fontana di Venere e Adone.

Ability2004 è una cooperativa sociale nata grazie alla volontà e all’impegno del prof. Vitaliano Ferrajolo che da molto tempo si batte per rendere Caserta maggiormente accessibile. Non è una battaglia non da poco in un paese che non crede nelle sue grandi potenzialità derivanti  dal patrimonio artistico e storico, dove molti dei servizi sono gestiti dal volontariato o dai ragazzi del Servizio Civile che dedicano un anno o poco meno.

Visto che nella giornata in cui avremmo dovuto visitare la Reggia si è abbattuto un mega temporale, riusciamo a visitare il palazzo e i suoi giardini nella giornata di chiusura. Per qualche attimo abbiamo la Reggia tutta per noi, possiamo ammirarla e fotografarla in totale libertà e senza visitatori che disturbano. In una meravigliosa giornata di sole per un attimo ci sentiamo dei Borboni e già mi vedo a rotellare non con la carrozzina ma con la carrozza come il Re di Napoli.

Opportunità romane

Arriviamo nella capitale, siamo ospiti del Flaminio Village, un camping molto grande a pochi km dal centro. Durante “Rotellando” siamo stati ospiti in diversi camping e villaggi associati con V4All (network che si occupa di turismo accessibile), alloggiamo in case mobili e ho trovato che è un’ottima soluzione, sia per l’accessibilità sia perché si resta in un contesto più naturale e rilassante che i soliti alberghi.

La prima serata romana la trascorriamo a Trastevere; quanto sia bella Roma e quanto lo sia passeggiare tra i locali sempre pieni di gente, dove gli “aò” dei romani si mescolano con gli “hi”, “hello”, “hola”, “salut” è un piacere che, tutti coloro che sono stati nella città eterna, sanno di cosa sto parlando. E Roma diventa ancora più bella durante l’ora del tramonto. Un po’ meno bello è invece girarla con le rotelle; una giornata a cavalcioni di un martello pneumatico è nulla in confronto. Roma non vince di certo la medaglia di città accessibile, anzi credo che non si qualifichi nemmeno tra quelle potenziali.

A Trastevere ci incontriamo con degli amici: il pugliese Vincenzo e il pisano Giovanni, che oramai sono romani a tutti gli effetti o per lo meno credono di esserlo; ceniamo alla Trattoria degli Amici (Piazza S.Elgidio) in cui lavorano persone disabili con l’aiuto volontario di persone “normali”. Di certo trascorriamo una piacevole serata ed abbiamo un servizio impeccabile. L’idea d’integrazione tra disabilità e normalità la trovo vincente, spero solamente che non ci sia l’effetto, in particolare da parte dei clienti, pietistico e divertito; sarebbe poco piacevole sentire commenti tipo “madò quanto sono carucci” oppure “te pensa quanto sono bravi.. non lo avrei mai detto…”. Insomma, mi auguro che chi esce dalla trattoria non pensi di aver fatto un’opera buona e tanto meno che non abbia pensato a quanto fosse “particolare o diverso ” l’essere servito da persone con qualche difficoltà. Mi rendo anche conto che quando si tenta di integrare le diversità c’è il rischio di “come la fai, la sbagli”, pertanto ben vengano queste opportunità.

Il giorno successivo ci incontriamo con l’amico Antonio Amendola, ci conosciamo da anni attraverso la rete, in un altro gioiello romano ovvero Villa Borghese. Antonio è il fondatore di Shoot 4 Change, un’associazione no profit di fotografi (professionisti e non), giornalisti, grafici, pittori ed altri sognatori che credono di poter cambiare il mondo con pochi, piccoli gesti. “Perchè la differenza tra i sogni e la realtà sono le azioni e perchè se si è così incoscienti da volerlo fare…alla fine si riesce a cambiare il mondo…” E’ sempre un piacere fare due chiacchere con Antonio e la sua energia.

Terme ultraterrene

I km macinati con “Rotellando” iniziano a farsi sentire, anche se manca oramai poco al traguardo. E’ per questo che  l’arrivo in Toscana è a dir poco rigenerante: le colline e i passaggi del senese ci appaiono come un’oasi di rilassatezza. Durante il soggiorno in Toscana siamo ospiti di Terre di Siena, che stanno facendo un ottimo lavoro per l’accessibilità. I  borghi toscani non sono proprio il posto migliore per “srotellare” ma progetti come quello di Terre di Siena danno sicuramente una “spinta” nella giusta direzione, mentre sono molte le strutture, alcune da sogno, che sono accessibili.

Da Roma ci fermiamo a Chianciano Terme, nota località termale e ci concediamo una giornata all’insegna del benessere alle Terme Sensoriali di Chianciano Terme. Le Terme Sensoriali sono quasi totalmente accessibili, infatti per la prima volta, grazie alla copertura della sedia a rotelle con dei teli di plastica, riesco a fare alcuni percorsi che solitamente non faccio in altre terme, come le docce sensoriali o quelle ghiacciate. Le Terme diventano accessibili anche grazie alla gentilezza e alla disponibilità del personale, che aiuta in maniera non invadente, in tutte quelle zone che lo sono meno. Iniziamo il percorso prima con “l’acqua” e i bagni nelle vasche interne ed esterne, tra un idromassaggio e l’altro, per poi passare alla zona “fuoco”, mi piace sempre molto stare nelle saune e nei bagni turchi e darmi una sferzata ghiacciata o fare la doccia nella nebbia fredda. Sarò masochista ma mi piace quella sensazione che ti blocca il respiro nel momento caldo/freddo e ci credo che si riattiva la circolazione visto che pare di morire e poi all’improvviso di vedere nuovamente la luce bianca in fondo al tunnel e resuscitare.

Tra le tisane, le zone silenziose e la cromoterapia si entra in uno stato di totale beatificazione, per questo è necessario tornare alla parte terrena passando per la zona “terra” dove giochiamo con i fanghi, pasticciando e tirando fango. Il bimbo nemmeno troppo nascosto che è in noi è fuoriuscito immediatamente. Usciamo dalle terme dopo circa quattro ore: cotti, bolliti ma estremamente rilassati. Con quella sensazione che ti chiedi se il tuo corpo è ancora parte integrante di te oppure è volato via. Si mi rendo conto che sto scrivendo delle terme come di una esperienza ultraterrena ma forse un po’ lo è..

Da Chianciano andiamo verso Buonconvento, attraversando la Valle d’Orcia, che è la famosa valle dell’orto della pubblicità. I paesaggi sono meravigliosi così come i colori. Colline verdi, gialle, ocra; dove tutto è così perfetto con qualche cipresso che spunta qua e là, dando ancora di più un tocco di perfezione. Con l’auto attraversiamo non paesaggi ma cartoline e non riesci a decidere qual è quello più bello perché subito ne arriva un altro che lo è ancor di più.

Ma chi ce la guasta !

In un bel mattino soleggiato arriviamo all’Abbazia di Sant Antimo, luogo di spiritualità e di silenzio, beh forse il silenzio è un po’ rovinato dal via vai di turisti e di pullman ma, in giornate feriali, si riescono ad apprezzare maggiormente il silenzio e la bellezza del luogo. All’interno i giochi di luce del sole che filtrano dalle finestre rendono ancora più mistico il luogo, mi turbo al pensiero che possa essere turbato, esco e srotello nel prato circostante tra i cipressi e il paesaggio circostante e mi “riturbo”, mi fanno sempre questo effetto certi luoghi. L’abbazia che è sulla Via Francigena ed è abitata da una comunità di monaci Benedettini, di nazionalità francese ed italiana, che grazie anche alla loro ospitalità danno un contributo significativo a mantenere viva oltre che l’Abbazia anche la spiritualità del luogo.

Saliamo sul Monte Amiata per arrivare in un borgo particolarmente accessibile alle rotelle e visto che non sono molti ad esserlo approfitto per girare per le vie di Abbadia di San Salvatore. Sulla strada del ritorno scorgiamo un noleggio quad e decidiamo, dopo tutti questi momenti di pace e tranquillità di fare qualcosa di movimentato e adventure. Siamo o non siamo degli uomini impavidi e sprezzanti del pericolo (lasciatemelo credere altrimenti mi demoralizzo e la mia virilità ne risente). La squadra è così composta: al comando Marco, ovvero guida e noleggiatore dei quad, tipo decisamente particolare, si presenta come cacciatore e selezionatore di selvaggina; scopriamo che passa le sue giornate all’interno di una casetta in cima al Monte Amiata a cacciare cervi, cinghiali e animali di vario genere, decisamente non diventerà il nostro migliore amico, anzi mi chiedo per quale ragione vogliamo andare in mezzo al bosco con un potenziale serial killer ma Rotex e Reflex sono uomini sprezzanti del pericolo e nulla li può fermare. Vero?! Segue alla guida del secondo quod: mr Vito/Reflex con attaccato alle sue spalle, come un koala ad un bambù, terrorizzato di essere perso in mezzo al bosco, mr Fabrizio/Rotex. Devo dire che dopo un primo momento di assestamento e di abitudine ai balzi e alle rinsaccate che il mezzo offre di continuo (cerco di non pensare a cosa ne sarà della mia schiena dopo questo momento adventure) iniziamo a divertirci. Arriviamo in cima al monte e ci riposiamo qualche istante, bevendoci una birra, sorridendo agghiacciati ai racconti di caccia di Marco, non posso nemmeno immaginare cosa potrebbe farci se venisse a sapere che Vito è vegetariano !  Va beh, meglio non pensarci e ammirare  il panorama sottostante ovvero le colline della Val d’Orcia. Il quad dà la possibilità di andare in luoghi in cui, soprattutto per un rotellato, sarebbero impossibile rotellare, ma è un mezzo sicuramente poco delicato nei confronti della natura, sia per il rumore che provoca che per il modo aggressivo con cui viene vissuta la natura. Per quel che ci riguarda è stata un esperienza divertente ma che non è nelle nostre corde e nel nostro modo di vivere la natura.

Dopo il momento “adventure”, nell’ora più bella della giornata, ovvero il tramonto, attraversiamo le Crete Senesi ed arriviamo in un’altra Abbazia, ovvero quella di Monte Oliveto Maggiore. Vi giungiamo proprio nell’ora dei vespri ed assistiamo ai canti e alle preghiere dei monaci che dimorano nell’Abbazia. In questa giornata di turbinii, tra momenti di relax, rumori di spinterogeno, movimenti di riflessioni, capricci, sfoghi e risate finiamo la giornata con un buon vino nella bellissima cornice di una Montalcino illuminata dalla luna piena e mi chiedo: “ma a noi chi ce la guasta?”

Tra Siena e Pienza

Questa tappa la passeremo tra Siena e Pienza. La Toscana con i suoi borghi medioevali, le sue stradine in salita e il ciottolato non è sicuramente una delle tappe italiane maggiormente accessibili ma questo non significa che non sia possibile rotellare.

Ci fermiamo nell’incantevole Siena, città Patrimonio dell’Umanita UNESCO.  Dire che Siana sia una città accessibile sarebbe una bugia, dire che si può rotellare per le vie maggiormente note è realtà. Certo in alcuni momenti è necessario avere qualcuno che ti aiuti, soprattutto dove le strade diventano sempre più irte e la necessità di una spinta è d’obbligo. Ammirare Piazza del Campo da un caffè vale già di per se il viaggio. Facciamo poi una visita  al Duomo che accessibile grazie ad una rampa laterale. Di fronte al Duomo si trova il museo Santa Maria della Scala, uno dei più grandi e antichi ospedali europei, pare sia sorto intorno all’anno 1000. Terminate le funzioni sanitarie, si è poi trasformato in un museo, al cui interno vi sono numerose mostre.  Molte interessante è rotellare tra gli ambienti monumentali e poi, subito dopo, tra i corridoi angusti, gli intrecci di gallerie scavate nel tufo e grandi spazi voltati a mattoni. Il percorso è completamente accessibile. Durante questo tour ho la possibilità di utilizzare una sedia a rotelle/segway ed effettivamente tutto un altro rotellare. Con il semplice movimento del busto ho la possibilità di far muovere la sedia  senza fatica e soprattutto non si ha l’angoscia di dover guardare continuamente a terra per evitare buche o piccoli scalini, ciottolati o terreni accidentali. Usare una sedia a rotelle-segway è veramente una comodità che non si dimentica facilmente.

La seconda tappa prevede la visita Pienza, uno dei centri più rinomati della Val d’Orcia.  Come Siena, anche il suo centro storico è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Per noi rotellati la cosa più importante è che tutto il centro storico è totalmente accessibile. Resto sorpreso di trovare un borgo così comodo e girovagando per le vie del paese pare d’immergersi in altre epoche. La via del Castello, con il suo belvedere sulla Val d’Orcia è uno dei più bei ricordi di questi giorni passati in terra toscana.

Il demone del “click”

Due delle località simbolo del turismo italiano sono in Toscana. La prima è Firenze, che non ha certo bisogno di presentazione, e la seconda è Pisa o meglio la sua Torre e Piazza dei Miracoli. In questi luoghi, ogni giorno, va in scena il teatrino del turista, non ci sono periodi di chiusura, al massimo può variare il numero dei teatranti sul palcoscenico. E’ uno spettacolo che va avanti da decenni senza interruzioni, non ci sono orari, niente scioperi che rivendicano turnazioni; la rappresentazione si autoalimenta in maniera autonoma e spontanea. Sono luoghi in cui vi è una presenza fantasma che s’impossessa del corpo e delle menti di tutti quelli che si recano.

In piazza dei Miracoli a Pisa, quest’essere dev’essere particolarmente forte, al punto che nessuno di quelli che si recano riesce a sfuggire. La presenza ti cattura e ti obbliga a metterti in posizioni improponibili, che mai avresti pensato di fare. Ti ritrovi in posa con stati d’animo continuamente differenti. Lo stato d’animo cambia in maniera repentina: sei sorridente, poi pensieroso, poi sognatore, poi annoiato, poi sorpreso. Nessuno riesce a sottrarsi dal fare o dal farsi fare una fotografia, persino quelli più restii alla fine cedono e scattano un’immagine. Il demonio del click è invincibile! Si cerca la luce migliore, la posizione perfetta, l’angolazione che i precedenti miliardi di turisti che ci sono stati prima non sono riusciti a trovare. Tutti si sentono creativi ed artistici per questo possiamo trovare fotografie in cui il ponte vecchio è dentro ad una bottiglia di birra o il duomo riflesso in un piatto di ribollita. Milioni di “click” partono per il globo attraverso ogni genere di strumento digitale e milioni di profili Instagrm, Facebook o Twitter vengono inondati dalla torre di Pisa. Tutti devono sapere che siamo stati sotto la torre, il mondo deve sapere che Reflex and Rotex sono stati a Pisa e a Firenze, il mondo deve sapere che siamo pirla, anche se forse già lo sapeva!

Tra passato e realtà

Ci sono luoghi in cui le circostanze ti portano a ritornare e in questi luoghi, ogni volta,  li vivi in maniera differente. La Liguria, ed in particolare Genova era stata fissata da tempo tra le tappe finali di Rotellando, Pietra Ligure è stata aggiunta in corso di tour in quanto invitati da Rita. Rita, che lavora da anni presso l’Unità Spinale Santa Corona di Pietra Ligure, ha letto sui giornali della nostra avventura e ci ha invitati a visitare il centro; noi abbiamo accolto molto volentieri il suo invito.

Ho vissuto la mia infanzia a Diano Marina a pochi chilometri da Pietra Ligure, ogni volta che mi fratturavo (questo accadeva in media tre/quatto volte l’anno) venivo ricoverato al Santa Corona; i miei ricordi di questo luogo non sono decisamente piacevoli. Percorrevo l’Aurelia ammirando il suo bel paesaggio attraverso i finestrini opachi dell’ambulanza, vedevo le spiagge e i colori del mare mentre già sentivo l’odore del gesso che mi avrebbe fasciato poco dopo. Erano poche le persone che potevano “maneggiarmi con cura” o meglio che lasciavo che mi maneggiassero con cura; a parte la mamma quasi nessun altro. Al Santa Corona trovai un giovane medico che non si spazientiva, come spesso accadeva, davanti alle mie paure e mi conquistò con la sua tranquillità nell’aspettare che fossi pronto per essere maneggiato, tirato e fasciato per aggiustare queste ossa che, si spaccavano continuamente per un non nulla. Il giovane medico si chiama Sandroni e lui e la mia mamma erano le persone che mi facevano sentire sicuro quando entravo al Santa Corona. Il tempo passa e noi ci trasferiamo in Piemonte, ma un giorno capita che mia madre si ammala in maniera seria e deve essere ricoverata al Santa Corona; ad un tratto da paziente divento familiare dell’ammalato, dall’essere accudito, accudisco. E’ nuovamente il Dott. Sandroni a rassicurarmi che tutto si sistemerà, e tutto si sistema.

Passano altri anni ed ora sono pronto a ritornare a Pietra Ligure con Vito e con Rotellando, questa volta non sento odore di gesso e nemmeno pensieri che appesantiscono la mente ma con la voglia di vedere questo luogo con occhi diversi. Rita ci aspetta all’entrata dell’Unità Spinale Unipolare: ci spiega che è una struttura destinata all’assistenza di persone che hanno subito lesioni midollari da trauma e non, ed ha lo scopo di permettergli di raggiungere il miglior stato di salute e di autonomia. Pertanto non ha solamente una funzione riabilitativa ma anche di reintegrazione sociale e lavorativa, al suo interno vi è una piscina, una palestra ed un appartamento domotico oltre che un Centro Fiat Autonomy con un simulatore di guida al fine di valutare le capacità residue per la riacquisizione della patente. I pazienti possono essere persone che per un incidente stradale, una caduta accidentale oppure per malattie come il cancro o un ictus restano mielolesi.

Il direttore del centro è il Dottor Massone, una persona che staresti ad ascoltare per ore per la sua semplicità e schiettezza che utilizza nel descrivere quello che fanno e vivono all’interno dell’Unità Spinale. Si comprende da subito che “sente” ciò che dice, non è in cattedra. Mentre parla e descrive la sua creatura, ovvero il centro, mi sento rassicurato come lo ero da bambino con Sandroni; immagino quanto possa sentirsi spaventata una persona a cui dicono che avrà una situazione di disabilità permanente che la costringerà ad avere una vita totalmente differente da quella che aveva vissuto sino ad allora. Mi sento sollevato nel pensare che queste persone troveranno un’equipe come quella del Santa Corona, in quanto certo è importante trovare degli specialisti che ti fanno stare bene ma lo è altrettanto sapere che hai a fianco un alleato.

Zena

Genova – “La Superba” – ed effettivamente se la tira parecchio, ha l’atteggiamento di quella che ne ha viste di tutti i colori, che ha conosciuto e visto personaggi di ogni genere e pertanto non la spaventa nulla. Genova sa che può permettersi di essere sporca e trasandata senza perdere il suo fascino anzi acquisendone, così come può apparire elegante e raffinata senza essere ridicola.

Abbiamo appuntamento con gli operatori della Cooperativa Sociale “La Cruna” che gestiscono il Centro Servizi sul turismo senza barriere – Terre di Mare – ed hanno realizzato l’utilissimo sito, il portale informativo sulle opportunità turistiche accessibili presenti in Liguria.

Ci troviamo proprio nel cuore di Genova, ovvero a Palazzo Ducale per poter effettuare un giro con lo scooter elettrico che la Provincia ha messo a disposizione per il noleggio.  In questo modo è sicuramente più semplice muoversi per il centro storico e l’area del Porto Antico. Partiamo alla scoperta del Centro storico: io in scooter, l’operatore della Cooperativa e Reflex a piedi e due Ciceroni d’eccezione che con le loro rotelle a motori ci portano per le vie strette e in alcuni tratti in salita.

Avevo già visitato Genova e ricordavo la fatica mia e di chi mi accompagnava ed ora a bordo dello scooter elettrico mi pare di essere un Pascià. Sono felice di fare questo giro e lo sono nel vedere che vi è la sensibilità da parte della città a dare un servizio che dovrebbe essere erogato in molti luoghi del nostro Paese, vista la particolarità del territorio italiano. Poter utilizzare uno scooter è una possibilità in più per tutti coloro che hanno problemi di mobilità a visitare luoghi che altrimenti non potrebbero vedere.

In serata io e Vito proseguiamo per la zona del porto e delle sue vie, con i suoi personaggi maledettamente sporchi e vivi che si mescolano poco alla volta ai meravigliosi e superbi Palazzi dei Rolli (patrimonio mondiale dell’UNESCO). Si passeggia tra vicoli e corsi, tra vere puttane e finte signore. Saliamo sull’ascensore panoramico Bigo, originariamente una gru montata sulle navi da carico, che offre un panorama mozzafiato della città. Da lì si può ammirare tutta la contraddittorietà della città: con lo sguardo si passa dalla modernità del Porto Antico con la sfera di Renzo Piano e l’acquario a zone più trascurate e decadenti, dalla sontuosità di alcuni palazzi ai piloni delle sopraelevate che entrano all’interno della città, disorientando la vista del visitatore. Genova si sa, non ha sempre tempo per farsi bella deve accogliere chi arriva e deve far partire chi devo andare. Ed io e Reflex ancora non sappiamo se stiamo arrivando o se stiamo partendo.

Vito Raho

aka Reflex abita a Santa Maria di Leuca (LE) è Travel Consulent e Tour Manager, lavora nel mondo del turismo, per i più importanti tour operator italiani ed europei (Boscolo Travel, Utat Viaggi) come accompagnatore turistico in Europa e in Italia. Da anni fotografa e cattura con la sua sensibilità diretta e silenziosa storie e immagini di vita, trasformandole in ritratti profondi e sinceri.