Rotellando nelle Langhe con Alvise Crovato

Persona appena conosciuta: “Dove abiti?”

Io: “Sono di Domodossola”

Persona appena conosciuta: “Ahhh, Domodossola, quella con la D. D come Domodossola. La sentivo sempre alla ruota della fortuna”.

Io: “Eh si ! (con tono annoiato, sarà la millesima volta che sento questa battuta). Sai anche dov’è?”

Persona appena conosciuta: “Mhhhh, ehhhh, Lombardia? Vicino a Bergamo? In Trentino?”

Io: “No, è in provincia di VB”

Persona appena conosciuta: “Ah in provincia di Vibo Valentia”

Io: “No, non sono calabrese. VB sta per Verbania e Domodossola si trova in Piemonte, al confine con la Svizzera. Hai presente la cartina del Piemonte? Ecco si trova nel punto più alto, sul cucuzzolo, su là in cima”.

Questo è il classico dialogo che scaturisce quando mi presento ad una persona che non abita nelle mie zone. Credo che sia colpa nostra, di noi ossolani e della provincia del Verbano Cusio Ossola (già il nome della provincia è tutto un dire, nessuno ha scelto un nome cosi complicato), che siamo riusciti a farci ricordare dal resto dell’Italia per la “D”, credo anche che il Piemonte abbia fatto la sua parte a lasciarci un po’ in disparte, sopra quel cucuzzolo così lontano da Torino.

Fatto sta che sono piemontese e conosco poco del resto della mia Regione, così quando Turismabile, che invece conosco da qualche tempo, mi ha proposto di visitare la zona delle Langhe e del Monferrato sono stato molto contento. Turismabile è un progetto finanziato dalla Regione Piemonte – Assessorato al Turismo, e realizzato dalla Consulta per le Persone in Difficoltà Onlus. E’ un’iniziativa, unica in Italia, impegnata su diversi fronti nel miglioramento dell’accessibilità turistica piemontese e nella promozione del Piemonte come destinazione for all. Turismabile considera il turismo accessibile in un nuova accezione: non più, solo, un albergo privo di barriere architettoniche ma un territorio che consideri la buona fruibilità delle proprie risorse come un elemento fondante e imprescindibile della qualità della propria offerta. “Non ci può essere buona accessibilità senza una vera accoglienza … non ci può essere accoglienza turistica se non c’è accessibilità per tutti!”.

Con questo spirito partiamo per la nostra nuova avventura e facciamo la prima tappa ad Asti nel Monferrato. Asti ha un centro storico ben conservato ed è in gran parte accessibile, certo la pavimentazione è un po’ sconnessa ma chi è in rotelle è abituato a ben peggio, inoltre non vi sono particolari pendenze. Asti è famosa per il suo palio che si tiene la terza domenica di settembre che culmina con una corsa di cavalli montati “a pelo”. Altro momento importante per Asti è il Douja d’Or, uno dei concorsi enologici più importanti d’Italia.  Il Duomo e il Teatro ti lasciano senza dubbio senza fiato. Ma è il vino il Re di questa città e delle colline intorno, in particolare l’Asti Spumante e il Moscato d’Asti, il Principe è il tartufo e la bellezza delle colline è la Regina.

Dopo aver rotellato per Asti non possiamo fare altro che andare a mangiare al pluristellato Ristorante San Marco a Canelli, il menu inizia con il crudo di “Fassona” piemontese battuta con i funghi reali, poi i tajarin “40 tuorli” con il burro della montagna alle erbe dell’orto, guancia di vitello con polenta ed infine non poteva mancare il Bunet, dolce tipico piemontese. Insomma questo sarà il rotellando più accessibile della storia, stare seduto a tavola, uno sport che riesco a fare con estrema, troppa, facilità.

Rotellando nelle cantine

Non sono un grande estimatore di vini, m’imbarazzo sempre, quando nei ristoranti vengo scelto per fare il primo assaggio, prendere il bicchiere: odorare, guardare contro luce il colore, gustare facendo smorfie di compiacimento e dare infine sempre lo stesso responso: “Va bene”. Questa piccola sceneggiata mi mette ansia da palcoscenico. Tutti ti guardano, tutti sono in silenzio, il cameriere che pensa “questo non capisce una fava e mi tocca farlo sentire un estimatore”. Tutto dura pochi secondi e, finalmente, il mondo inizia a girare, la tavola si rianima con il chiacchiericcio e il rituale dell’assaggio del vino finisce lì.

Durante il tour nelle Langhe, perciò, non farò l’intenditore, cercherò di capire meglio come si possono distinguere e selezionare i gusti, i profumi che spesso odoriamo e assaggiamo ma fatichiamo a riconoscere. Sono molto interessato alla produzione del vino, alla sua preparazione nella speranza di capirne di più in modo da fare sempre di meno il finto estimatore. La zona delle Langhe-Roero e Monferrato è entrata a far parte, dal 2014, del Patrimonio Mondiale dell’Unesco; è la prima volta che l’Unesco riconosce un paesaggio vitivinicolo italiano quale bene unico al mondo, patrimonio dell’umanità per la sua eccezionalità rurale e culturale. Le motivazioni sono: “Una eccezionale testimonianza vivente della tradizione storica della coltivazione della vite, dei processi di vinificazione, di un contesto sociale, rurale e di un tessuto economico basato sulla cultura del vino. I vigneti di Langhe-Roero e Monferrato costituiscono un esempio eccezionale d’interazione dell’uomo con il suo ambiente naturale”.

Le tre zone sono ben distinte, anche se per i più, le differenze non sono poi così marcate. Il Monferrato è compreso principalmente all’interno delle province di Alessandria e Asti, le Langhe sono a cavallo tra le provincie di Cuneo e Asti, mentre la zona di Roero è nella parte nord est della provincia di Cuneo. L’interazione tra l’uomo e il suo ambiente si percepisce immediatamente passando attraverso i vigneti ma anche e soprattutto visitando le cantine storiche.

La prima cantina che andiamo a visitare è quella “Contratto” a Canelli (Monferrato) fondata nel 1867. Questa casa vinicola è la più antica produttrice di vini Spumanti in Italia. Queste cantine hanno prodotto dal Moscato, al vino rosso, dallo Spumante Metodo Classico ai vini bianchi fermi come anche il vermouth, i tonici e gli sciroppi. Entrare in questa cantina è un’esperienza di colori, odori, sapori e di storia. C’è un piccolo museo che racconta l’evoluzione della produzione del vino. Le cantine, immense, sono in gran parte accessibili tranne quelle più sotterranee. Sono state costruite nel cuore della collina, scavate nel tufo calcareo fino ad una profondità di 32 metri. Le cantine mantengono una temperatura costante e naturale di 13 gradi. Resto affascinato dalla grandezza, dalla cura e dallo stile. Nella sala degustazione sono entusiasta nello scoprire che ai tavoli attorno al nostro vi sono persone da tutto le parti del mondo: australiani, inglesi, americani che degustano e decantano il vino italiano.

Vino, cantine e musei 

Usciamo dalle cantine “Contratto” per recarci alle “Cantine Ascheri”. Se da Contratto ci ha accolto e fatto da cicerone un giovane ed appassionato ragazzo australiano, alle Cantine Ascheri ci accoglie Matteo, imponente uomo piemontese che racconta con passione il suo amore per la produzione del vino, confermando quanta dedizione c’è per questo lavoro, che poi non è lavoro ma è vita. Le cantine Ascheri sono molto moderne e visitarle non è solo un avvicinamento al vino ma è anche tour nel design.

In un mondo dove, generalmente, i vini vengono prodotti utilizzando le stesse uve, la stessa tecnologia, gli stessi legni per l’affinamento e soprattutto gli stessi consulenti, l’obiettivo degli Ascheri è quello di ottenere un vino che esprima il vigneto, l’uva con cui è fatto e, soprattutto, le loro idee. Hanno scelto un approccio naturale, con un utilizzo moderato della tecnologia, senza stravolgere il vino con trattamenti particolari, rivalutando l’affinamento in legni non nuovi ed elaborando da soli le scelte”.

Presso le cantine Ascheri il visitatore vive un’esperienza a 360° gradi, dalla visita alle cantine alla degustazione del vino, dal pranzare presso l’osteria all’alloggiare presso l’albergo, la cui idea progettuale è quella di fondere la contemporaneità e la tradizione naturale e rurale. La cantina, così come l’albergo e l’osteria Murivecchi Ascheri, sono totalmente accessibili e questo testimonia un ulteriore sensibilità all’ospitalità verso tutti.

Dalla città di Bra ci rechiamo a Barolo, in provincia di Cuneo, paese di 800 abitanti, famoso in tutto il mondo per l’omonimo vino. Come prima tappa visititamo il  Castello Marchesi Falletti che al suo interno ospita il Museo del Vino. Il WI.MU (Wine Museum) è un innovativo museo il cui percorso è un viaggio attraverso la cultura e la tradizione del vino. Si parte dall’ultimo piano per scendere sempre più giù, dalla luce sino al buio delle cantine. Mi diverto in questo museo: s’inizia il percorso dal Bar delle Divinità (dove Gesù brinda, Buddha sorseggia ecc) per poi passare agli elementi che concorrono alla creazione del vino ovvero il calore del sole, l’influsso della luna, il terreno, per poi raccontare la sua storia nei tempi, dall’Anatolia all’Antico Egitto, dai Greci ai Romani, dal Medioevo ai giorni nostri. Tra giochi di luce, suoni ed immagini comprendo quanto questo elemento sia stato presente nella vita, nella storia, nella letteratura e nella musica. Il WI.MU non è un museo tradizionale, è un percorso che con leggerezza e divertimento ti porta a scoprire il vino. Sorseggiare un buon bicchiere di vino è un momento di leggerezza e di esaltazione e il museo esprime queste caratteristiche.

Alvise Crovato

Nasce e vive Milano. Ha frequentato la Facoltà di Scienze Umane e dell’Ambiente, ha lavorato come fotografo per la “Mitteleuropea della Caccia a Cavallo” (caccia alla volpe simulata), per l’Istituto Italiano della Fotografia. Si sposta frequentemente tra Zurigo, Treviso e Sarteano (SI).